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CANTO III

 

Dante e Virgilio giungono alla porta dell'Inferno, sulla sua sommità un’iscrizione dice che quel luogo di pena è eterno

 

"Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l’etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente”

…Lasciate ogni speranza, voi che entrate qui

porta inferno.jpg

Dante non capisce il senso della scritta e chiede spiegazioni a Virgilio, il quale lo invita ad armarsi di molto coraggio e ad abbandonare ogni titubanza ed esitazione

«Maestro, il senso lor m’è duro».

Ed elli a me, come persona accorta:

«Qui si convien lasciare ogne sospetto;

ogne viltà convien che qui sia morta.                          

 

Lo prende infine per mano e lo introduce nel regno del male, dove soffrono le anime senza più speranza di salvezza.

Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ho detto

che tu vedrai le genti dolorose

c’hanno perduto il ben de l’intelletto».       

 

Un forte tumulto, fatto di lamenti, grida e pianti, imprecazioni e gesti di disperazione, colpisce Dante che chiede a Virgilio chi mai possa essere quella gente così provata dal dolore: si tratta degli ignavi che, insieme agli angeli rimasti neutrali nello scontro tra Lucifero e l’arcangelo Michele, sono stati cacciati dal Paradiso e allo stesso tempo rifiutati dall’Inferno; le anime degli ignavi sono tanto misere che secondo Virgilio non sono degne di essere guardate da Dante troppo a lungo.

Questi non hanno speranza di morte

e la lor cieca vita è tanto bassa,

che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte.                         

 

Fama di loro il mondo esser non lassa;

misericordia e giustizia li sdegna:

non ragioniam di lor, ma guarda e passa».

 

Gli ignavi sono inseguiti, punti e tormentati da vespe e mosconi.

Giudizio-Universale-Inferno-1537-Michela

Poco dopo, Dante e Virgilio giungono nei pressi di un grande fiume (l'Acheronte), dove sono riunite anime dannate e subito dopo vedono giungere Caronte, il traghettatore dei dannati, a bordo di una barca.

 

Ed ecco verso noi venir per nave

un vecchio, bianco per antico pelo,

gridando: «Guai a voi, anime prave!                              


Caronte invita Dante ad andarsene, essendo ancora vivo, ma Virgilio lo zittisce.

 

E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare:

vuolsi così colà dove si puote

ciò che si vuole, e più non dimandare».

 

A quel punto Caronte tace, mentre le anime tremano di terrore e bestemmiano Dio, i loro genitori, il momento della loro nascita.

I dannati si accalcano lungo la sponda e Caronte li porta dall'altra parte del fiume.

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Quando Virgilio finisce di parlare, l’inferno è scosso da un tremendo terremoto e per lo spavento Dante sviene e cade a terra.

 

Finito questo, la buia campagna 
tremò sì forte, che de lo spavento 
la mente di sudore ancor mi bagna.                          

La terra lagrimosa diede vento, 
che balenò una luce vermiglia 
la qual mi vinse ciascun sentimento; 

e caddi come l’uom cui sonno piglia.  

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canto III
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