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CANTO II

Sta scendendo la notte e Dante segue Virgilio lungo la strada che li condurrà alla porta dell’Inferno, ad un tratto Dante diviene dubbioso.

Io cominciai: «Poeta che mi guidi, 
guarda la mia virtù s’ell’è possente, 
prima ch’a l’alto passo tu mi fidi.
 

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Dante ricorda Enea e San Paolo che compirono un viaggio nel mondo ultraterreno, ma lui non è Enea, né San Paolo e non capisce il motivo per cui gli è permesso di intraprendere un viaggio simile.

​​

"...Ma io perché venirvi? o chi 'l concede?
Io non Enea, io non Paulo sono;
me degno a ciò, né io né altri 'l crede..."

 

Virgilio accusa Dante di viltà, rinfacciandogli di aver paura del viaggio proprio come una bestia che si spaventa quando vede la propria ombra.

«S’i’ ho ben la parola tua intesa», 
rispuose del magnanimo quell’ombra; 
«l’anima tua è da viltade offesa;    
 

 

e, per convincerlo, gli rivela che Beatrice lo ha inviato in suo soccorso,  avendo visto Dante alle prese con le tre fiere e che stava per tornare indietro, impaurito.

 

"...Io era tra color che son sospesi
e donna mi chiamò, beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi..."

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Terminato il suo racconto, Virgilio si rivolge nuovamente a Dante per spronarlo a vincere i suoi dubbi e le parole di Virgilio hanno il loro effetto

 

 

Oh pietosa colei che mi soccorse!
E tu cortese, ch'ubidisti tosto
alle vere parole che ti porse!

 

Così Dante prega Virgilio di continuare a guidarlo e lo segue con rinnovato slancio

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